antica acquaforte
    Uno sguardo sugli apparati decorativi della Villa Reale di Monza delle origini.
salone a cupolaUn disegno a penna intitolato Spaccato di un salone a cupola decorato conservato nel fondo piermariniano presso la biblioteca comunale di Foligno {1}, è fra le testimonianze più dirette del fatto che Piermarini diresse in prima persona anche la sistemazione ornamentale della reggia, un’impresa di non poco rilievo se si considera che la superficie calpestabile interna della Villa Reale è pari a circa 22mila mq (dipendenze escluse) e che si articola in circa 700 stanze.
Piermarini si avvalese dell’apporto inconfondibile di figure di massimo rilievo in tema di decorazione di interni come quella dell’architetto ticinese Giocondo Albertolli (1743-1839) {2} – cui si devono gli stucchi ai soffitti e le decorazioni delle porte delle sale di maggior pregio – , del pittore ornatista Giuseppe Levati (1739-1828) {3} – realizzatore degli affreschi sulla volta della grande sala da ballo il cui disegno pare sia piermariniano –, dell’incisore fiorentino Giuliano Traballesi (1728-1812) {4} – cui si devono i meravigliosi sedici pannelli trompe-d’oeil del salone centrale – e dell’«umile falegname di Parabiago scoperto dal Levati e presto divenuto ufficialmente “Intarsiatore delle LL.AA.RR.”» {5}, Giuseppe Maggiolini (1738-1814) {6}, autore di parte dei pavimenti e dei mobili.
Quelli che Piermarini chiamò per i lavori di decorazione interna erano, in definitiva, i più riconosciuti maestri dell’epoca, impegnati, oltre che nella ristrutturazione del palazzo Regio-Ducale di Milano, nell’insegnamento presso l’appena istituita Accademia di Brera, nata, come la Villa Reale, per volontà dell’arciduca Ferdinando, il 22 gennaio 1776.


battenti della sala del tronoIn un secondo tempo venne coinvolto il giovane Andrea Appiani (1754-1817) {7}, allievo del Traballesi, per la realizzazione degli affreschi del ciclo di Amore e Psiche nella piccola Rotonda costruita nel 1790-91 per collegare la reggia alla cosiddetta “limonaia”.
Fra questi illustri maestri, un accenno ulteriore merita Giocondo Albertolli, erede di un’illustre tradizione familiare {8}, fra gli artisti maggiori che fra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento fecero di Milano la capitale del gusto neoclassico, collaborando con l’architetto folignate per le opere di decorazione di Palazzo Reale a Milano. Come gli altri progettisti, decoratori, esecutori di quello scorcio finale del XVIII secolo {9}, anche Albertolli si faceva espressione di una scelta di rigoroso “buon gusto”, finalizzata a un’estrema eleganza degli ornati che risultano essere «quanto di più aulico, di più sontuoso, di più gioioso sia dato di osservare nell’ornamentazione del primo neoclassico» {10}. Nel repertorio formale dell’architetto ticinese vi sono aquile, cornucopie, candelabre, festoni, sirene, sfingi, cariatidi, donne alate, conchiglie, amorini e, soprattutto le sue foglie e i tondi contenenti mezzi busti di profilo di gusto quattrocentesco.
Secondo Augusto Merati, a cui si deve la prima ricostruzione degli apparati decorativi della villa monzese, le sale i cui decori sono attribuibili certamente all’Albertolli sono: la Sala degli Arazzi, la Sala del Trono, la Sala da pranzo e la Sala degli Uccelli, mentre non è chiaro se anche la Sala da pranzo privata e la Sala delle Vivande siano dell’Albertolli o di epoca neoclassica. Quel che è certo è l’intervento dell’Albertolli si estese anche alla decorazione di mobili e suppellettili di diverso genere, fra cui anche girandole da caminiera da eseguirsi in bronzo; oggetti in fondo di poco significato ma ai quali Albertolli profuse un’estrema eleganza.


soffitto a stuccogirandolaBasandosi sui disegni che Albertolli pubblicò a scopo didattico diversi anni dopo l’avvenuta decorazione {11}, Yula Panin ha suggerito una ricostruzione dell’intervento dell’Albertolli che vede nella cosiddetta Sala del Trono il fulcro e insieme una sorta di prontuario formale realizzato con la finalità, da un lato, di esercitare gli alunni a un crescendo di difficoltà; dall’altro, di contribuire a «“sradicare il cattivo gusto di architettare e di ornare che si era reso qui comune”, di abolire una volta per tutte “quelle frivole ridipinditure”, quelle “fanciullaggini capricciose” e di indurre a “rivolgere gli occhi a quel bello, che è bello universalmente, e perpetuamente, e che si vede e si ammira ne’ maestosi avanzi della grandezza di Roma. In questi e non altrove” si devono “cercare i nostri prototipi di buongusto”. Perciò credo che questa “Sala di Compagnia” fosse da Albertolli una delle più apprezzate e raccogliesse il formulario tematico più complesso» {12}. La ricchezza decorativa degli ornati e l’impostazione compositiva dei motivi inducono la storica dell’arte a ritenere che sia attribuibile all’Albertolli il solo soffitto della Sala degli uccelli, mentre le ridipinditure successive, non consentono di essere certi della mano albertolliana per le decorazioni parietali.
1  -   A. Merati, La nascita della Villa in 24 disegni del Piermarini (dalla Biblioteca Comunale di Foligno), in il Parco, la Villa, Quaderno 2, Comune di Monza 1989, pp. 4-17.

2  -   P. Mezzanotte, Albertolli, Giocondo, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. I, Torino 1960.

3  -   I. Sgarbozza, Levati, Giuseppe, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 64, Torino 2005.

4  -   G. Nicodemi, La pittura milanese nell’età neoclassica, Milano 1915, p. 51 ss.

5  -   P. Paleari, C. Vittone, La Villa Reale di Monza, storia di una Reggia Europea, Milano 2006, p. 47.

6  -   I. Sgarbozza, Maggiolini, Giuseppe, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 67, Torino 2007.

7  -   A. Ottino Della Chiesa, Appiani, Andrea, in Dizionario biografico degli Italiani, vol. 3, Torino 1961.

8  -   M. Guidi, Gli Albertolli, in Zeitschrift für Schweiserische Archeaologie und Kunstgeschichle, 1946, pp. 243-251.

9  -   V. Terraroli, Percorsi e trasformazioni della decorazione a stucco di matrice lombarda, in Le arti decorative in Lombardia nell’età moderna 1480-1780, p. 352: «Al giro di boa della metà del secolo decoratori, progettisti, esecutori percepiscono una necessità di nuova regolamentazione, abbracciano una scelta di semplificazione; […] il favoloso mondo delle mitologie settecentesche, pur lanciando ancora i bagliori di una mai superata ed estenuata eleganza, si prepara al mondo nuovo che avanza sulla linea di una ritrovata, razionale e illuministica classicità».

10  -   A. Merati, Monumenti neoclassici a Monza e nella Brianza, a cura del Lions Club di Monza, Monza 1965, p. 58.

11  -   Albertolli tenne la cattedra alla Scuola d’Ornato a Brera dal 1775 al 1812 e nel 1787 pubblicò in tre volumi l’opera Alcune decorazioni di nobili sale e altri ornamenti, che contiene anche i disegni dei decori della Villa Reale di Monza.

12  -   Y. Panin, L’età neoclassica: Albertolli, Traballesi, Appiani, in F. De Giacomi (a cura di), La Villa Reale di Monza, Monza 1984, p. 109. Gli incisi virgolettati sono tratti dall’opera dell’Albertolli.